Ciao a tutti/e 👋
Questa newsletter è un po’ come una relazione tossica: non mi faccio sentire per settimane poi d’improvviso torno a subissarvi di messaggi.
Oggi è sabato, il nuovo giorno di uscita di Una goccia (grazie per aver votato in tanti/e), da gennaio la pubblicazione tornerà con una frequenza bimensile, queste settimane sono state un’eccezione per rimediare al lungo silenzio dei mesi passati.
Ps. Mi capiterà di sparire di nuovo. Il mio obiettivo è mantenere questa newsletter gratuita, quindi a volte dovrò dare priorità alle collaborazioni retribuite per sostenere le mie spese. Mi sembra giusto e bello così.
In questo numero trovate una lista di letture e cose belle, tutto qui. Buone feste e grazie per questo primo anno insieme, ci sentiamo a fine gennaio.
Su Lucy - Sulla cultura racconto l’importanza di Una mamma per amica, la serie tv anni Duemila scritta e ideata da Amy Sherman-Palladino, spiegando perché è diventata il perfetto rifugio per Millennial in burnout. Una mamma per amica non si è limitata a fare epoca: ne ha condensato lo spirito in un universo controllabile e rassicurante. È per questo, forse, che col trascorrere degli anni, i fan non hanno mai smesso di seguirla, rivederla, celebrarla: per trattenere il tempo che passa.
L’aura di Una mamma per amica è irreplicabile perché non risiede nella semplice bellezza delle sue ambientazioni o nello stile Y2K delle sue protagoniste, ma nella sua capacità di rendere la normalità un posto interessante, combinando elementi profondamente diversi tra loro per ottenere un altrove talmente artefatto da trasformarsi, negli occhi degli spettatori, in un sogno impossibile e doloroso, una meta da agognare e da ricercare nella perfetta intersezione tra vecchio e nuovo mondo, tra globalizzazione e dimensione locale, tra l’affetto di una grande famiglia e la sicurezza di un club esclusivo.
Su Quants Magazine invece racconto il mio Natale 1997, che è stato il Natale più consumista della mia vita. Scrivo della casa di Barbie con ascensore automatizzato, della Fabbrica delle Bambole e di Emiglio Robot, giocattoli simbolo degli anni Novanta, ma soprattutto di un nuovo rapporto con l’artefatto tecnologico che, entrando nelle nostre camerette, ha preso sempre più la forma di un compagno di avventure, un portale per immaginare un futuro all’insegna dell’efficienza, dell’automazione e della serialità.
Potete acquistare il numero cartaceo di Novembre, che include lo speciale di Natale, qui oppure abbonarvi e sostenere la rivista qui.
Riflettendoci oggi direi che l’ascensore elettronico, Emiglio e la Fabbrica delle Bambole rappresentavano piuttosto degli oggetti iniziatici verso una nuova forma di intimità con il progresso tecnologico, un rapporto che si faceva man mano più profondo, emotivo e partecipato: a differenza dei bambini francesi degli anni Cinquanta del Novecento non stavamo semplicemente tornando a inventare il mondo, ma mettevamo anche le basi per costruirne uno nuovo, usando il tempo del gioco per sviluppare un legame personale e fantastico con i nostri nuovi giocattoli elettronici. Non si trattava di imitare il mondo adulto, ma di testare i limiti della produzione dell’immaginazione attraverso l’artefatto cibernetico, sfornando bambole, inventando nuovi stili di vita, trasformando un robot in un compagno di avventure quotidiane.
💧 Cose belle che ho consumato negli ultimi giorni:
Viviamo nel tecnopolio: cosa significa e come uscirne? Un articolo di Cal Newport sul New Yorker:
This emerging resistance to the technopoly mind-set doesn’t fall neatly onto a spectrum with techno-optimism at one end and techno-skepticism at the other. Instead, it occupies an orthogonal dimension we might call techno-selectionism. This is a perspective that accepts the idea that innovations can significantly improve our lives but also holds that we can build new things without having to accept every popular invention as inevitable.
Questo account che genera POV nostalgici usando l’IA:
Questa sezione del Paris Review che colleziona racconti brevi di scrittori e scrittrici dedicati alle macchine che hanno posseduto e amato
Non l’avrei mai detto ma Pinterest sta tornando di moda
Tutta la vita in un bullet journal su Rivista Studio
L’invenzione degli uffici instagrammabili migliorerà il rapporto tra persone e spazi di lavoro? Forse no:
Touring some of these new Envy Offices, where workers hunch over long desks wearing noise-canceling headphones, there are gaps between what workers are getting and what they say want. They have wall decals and curated book collections. What they actually need, some say, is privacy. (…) In an ironic twist, other workers are now also finding themselves nostalgic for the age of the cubicle.
Questo:
Nella sua newsletter Medialyte,
spiega che il 2023 è stato l’anno peggiore nella storia dei media digitali: i ricavi pubblicitari generati nel web continuano a decrescere, causando il progressivo aumento di tagli e licenziamenti nel settore.This is why so many publishers have begun investing in channels that have little to do with the internet at all. They are raising the white flag and returning to the natural scarcity of the physical world. The return of print media, the resurgence of live events and even the emphasis on subscriptions — these are realms in which publishers do not have to compete against platforms, which is why they have become so popular.
Sul rapporto tra morte e internet su Link idee per la tv
Contro l’opposizione strumentale tra provincia e città su Il Tascabile
Il 2023 è stanno l’anno dei meme iper-locali
Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta senza:
👋👋👋