Ciao 👋
Questa è un’edizione speciale. All’interno trovate un ricordo digitale scritto da Georgiana Ursache. Georgiana si occupa di promozione alla lettura, coordina gruppi di lettura, è podcaster, lavora con festival letterari e culturali, collabora con case editrici, intervista e presenta autori. Ha pubblicato una poesia, Dor, nell’antologia Scripta VOLant II (Edarc Edizioni, 2017) e un racconto, Quo Vadis sulla rivista online Stanca (2025).
Sotto, invece, una compilation di link come non ne facevo da un po’. È dedicata a un altro spazio dimenticato, trasformato, rimpianto: l’edicola.
Prima di salutarvi. Se avete perso l’ultima cartolina su
, la trovate qui. Parla di Pleasantview, il primo quartiere virtuale, un luogo dove le possibilità si espandono oltre i confini della vita reale: una carriera impeccabile, una morte improvvisa in piscina. Alla ricerca della felicità nel verde brillante di un cristallo.Hai un ricordo digitale che desideri condividere? Inviamelo qui 👇
CONTRIBUTO
Archivio Pichi Pichi
di Georgiana Ursache
C’è un luogo che da preadolescente frequentavo con ossessiva assiduità. Seduta su una sedia da cucina, al tavolo di plastica bianco che i miei avevano messo tra la vetrina del salotto e la porta, lì dove c’era l’unico attacco alla presa Internet, sostavo per ore su WordPress. Poche settimane fa, esplorando annunci di lavoro mi sono imbattuta in “uso di WordPress” come prerequisito, mi ha fatto molto ridere.
Dopo la scuola, finiti di fretta i compiti, smanettavo sul sito più famoso per i blog. Avevamo da pochi anni un computer in casa, i miei me lo avevano preso per fare le ricerche per la scuola, io lo usavo per creare gif con i brillantini. Usavo Blingee – oggi se si cerca su Google si può trovare questa definizione sbrigativa ma efficace: “Blingee era figo. Potevi aggiungere brillantini e uno spinello alla tua foto della Nonna.”. Io non avevo nonne da editare, ma un archivio vastissimo di immagini delle Principesse Sirene. Se non avete idea di cosa sia Mermaid Melody vi siete risparmiati un paio di sedute dal terapeuta. Era un anime giapponese, tratto da un manga shōjo, dove le protagoniste, le sette principesse dei mari del globo terracqueo, sconfiggevano il cattivo di turno a suon di canzoni. Aggiungete una storia d’amore struggente basata sul trope “sono innamorata di un’altra, guarda che l’altra sono sempre io ma con una pinna”, un paio di questioni sul dominio del mondo, e dei motivetti su cui ancora oggi potremmo ballonzolare la testa, e il quadro è completo. Ho scoperto scrivendo questo pezzo e facendo ricerca che quello che era il sottotitolo della serie, Pichi Pichi, era l’onomatopea del suono della pinna contro la superficie dell’acqua. Spettacolare.
Insomma, come un amanuense medievale, editavo con cura e dedizione questi collage di figurine, accostando alle versioni con la pinna e quelle trasformate (perché si, come delle vere eroine avevano una tenuta da battaglia), per poi caricarle su WordPress. Lì avevo un luogo digitale dove archiviare ed ammirare le mie creazioni, metterle come header o footer, usarle come avatar. I siti che realizzai negli anni – perché ce ne furono più di uno – erano però molto di più. Il menù di navigazione era ricco di storie sulle Principesse che avevo raccolto, spesso le riscrivevo in prima persona raccontando le (dis)avventure di Lucia, Hannon e Rina, oppure caricando i testi completi di “Dolce melodia” o “Battito d’amore”. Erano testi semplici, spesso descrittivi di una sensazione, di un sentimento di libertà. Navigare su Internet mi dava la stessa spensieratezza delle sirene che scivolavano sui fondali marini. Ma mano a mano che mi immergevo nella navigazione, la narcosi si faceva sentire. Ossessivamente aggiungevo un ulteriore contenuto al menù, e mentre le principesse sirene si trasformavano e cantavano nuove melodie, io ero una di loro attraverso i colori del banner o il calendario arcobaleno dove erano appuntanti i loro compleanni insieme al mio. A rigor di completezza, la mia preferita era Noel, gentile e di natura dolce, principessa dell’Oceano Artico e custode della Perla Indaco, ovviamente era anche quella che aveva come passione la lettura.
E poi, i link a YouTube erano fondamentali. Ho provato a cercare i video che guardavo (o meglio ascoltavo) in quel periodo, e, con mio grande orrore e leggero eccitamento, sono ancora tutti lì (dalla didascalia di uno di questi: “il video è stato caricato 17 anni fa”). Erano un miscuglio delle mie più perverse ossessioni, le Principesse Sirene e la regina dell’eurodisco degli anni 00: Natalie Horler aka la cantante dei Cascada. Sulle note di Everytime we touch - nella versione remixata perché quella normale non era sufficientemente carica – si alternavano scene e fermo immagine dei momenti più strazianti della storia d’amore tra Lucia e Kaito, in particolare quelli della seconda stagione quando lui perdeva la memoria. Postavo sui miei blog WordPress questi link diretti a video tormentati ma allo stesso tempo pieni di speranza per raccontare e forse raccogliere un archivio delle possibilità amorose a cui la me preadolescente aspirava. Mermaid Melody e i Cascada avevano il potere di rendere desiderosa una ragazzina di un amore che ti faceva piangere ma anche ballare, che ti faceva balzare il cuore in gola così come le sirene saltavano nel mare. Insomma, avevo creato il mio personale archivio delle illusioni amorose a suon di codici colori HTML.
Oggi quei blog che avevo creati non esistono più, così come Blingee. Ho scoperto che il sito non è più attivo. Mi sono sentita vecchia.
Però esistono ancora i video YouTube e qualcuno, forse qualche ragazzina degli anni ‘10 del Duemila, si è dimenticata di cancellare il suo blog sulle Mermaid Melody. Si chiama karenenoel.wordpress, è tutto viola e la pagina iniziale dice: Ciao sono karen e sono da sola.
COMPILATION
📰 Edicole 📰
Partiamo dalle basi. Storia e trasformazione delle edicole in Italia su Harper’s Bazaar Italia
Secondo la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) oggi rimangono in attività soltanto 11 mila edicole rispetto alle 36 mila di vent’anni fa e ogni anno circa mille rischiano di chiudere per sempre. Venuta a meno l’autorevolezza della carta stampata, si è perso il rituale di passare in edicola una volta al giorno fidandosi dell’editoria e dei consigli dell’edicolante e di conseguenza il ruolo di aggregatore sociale dell’edicola. Internet, i blog, i social, gli influencer: un mondo sempre più frammentato, specializzato e veloce che è andato a sostituire la filiera editoriale dei giornali – editore, giornalisti, edicolanti.
100 Minutes at the Newsstand è una zine, purtroppo non disponibile online, del fotografo Pat McCarthy. Si tratta di una selezione di immagini scattate da una macchina fotografica da caccia installata da McCarthy in un giorno di lavoro al chiosco. La macchina fotografica, usata normalmente dai cacciatori per seguire il percorso di cervi e orsi nei boschi, ha scattato una serie di foto ogni volta che rilevava un movimento di fronte all’edicola.
Il mestiere dei sogni e il racconto di qualcuno che l’ha fatto davvero. Memorie sentimentali di un redattore di Kiss Me, di Daniele Cassandro su Lucy.
Questo progetto fotografico di Luca Morgantini sulle edicole italiane:



Ancora sulla crisi delle edicole: un approfondimento de Il Post sullo stato dell’arte della vendita di giornali in Italia e su come, per sopravvivere, molte edicole stiano ampliando i servizi offerti ai cittadini.
La scelta di diversificare l’offerta è stata per molti edicolanti la risposta più frequente alla crisi di vendita dei giornali. Da diverso tempo, accanto a quotidiani e riviste, nelle edicole si vende molto altro: si possono comprare per esempio biglietti dei mezzi pubblici, souvenir, libri, giochi e gratta e vinci, o accedere a servizi di vario genere, come la consegna e il ritiro dei pacchi, in anni in cui le spedizioni a domicilio sono molto aumentate.
Un gioco ironico e nostalgico sull’esperienza di correre a comprare l’ultima uscita in edicola <3 Si scarica qui.
Non ho trovato nessun articolo critico e completo, invece, sulla trasformazione delle edicole in temporary store, locali o spazi al servizio delle esperienze di brand activations. Chi lo scrive?
Tra le cose più interessanti lette nelle ultime settimane c’è sicuramente l’inchiesta di
sull’universo editoriale di Gog e dell’Intellettuale Dissidente. Ha a che fare anche con l’apertura di una nuova edicola a Roma. Ne consiglio vivamente la lettura. Qui.Un altro progetto fotografico. Stavolta è di Travor Treynor e le edicole immortalate sono quelle di Los Angeles:



I Want to Own a Newstand, Taylor and Kuo Zhang
I want to own a newsstand,
small,
enough to hold the confusion of middle age.
Its roof should be low with tile eaves
sheltering the tired doves.When I’m not around,
my little love takes my place.
She sits there like a white flower against a blue wall.
She’s illiterate surrendering
books to the customers.After school,
children arrive
eating melon seeds,
observing life’s grave consequences.I want my stand in Shanghai or Beijing
where light runs day and night.
Some customers find a seat there,
flip through the white paper
drawing lanterns one after another.
“Non ho trovato nessun articolo critico e completo, invece, sulla trasformazione delle edicole in temporary store, locali o spazi al servizio delle esperienze di brand activations. Chi lo scrive?” 🖐🏻